Quando l’eccessivo diritto equivale a grande ingiustizia (a proposito di multe per infrazione al codice della strada)

LETTERA APERTA 
AL SINDACO DI TERRASINI

Egr. Sig. Sindaco Avv. Massimo Cucinella, 
come lei ben sa, la massima latina summum ius, summa iniuria (eccessivo diritto, eccessiva ingiustizia) deve gran parte della sua fama ai tanti esempi tratti da episodi della vita quotidiana, che da sempre ne attestano la fondatezza.

Di uno di questi episodi, che potrebbero richiamarsi al “summum”, sono stato, lo scorso sabato 7 giugno, diretto testimone. Premetto di essere un lavoratore “a chiamata” (oggi si dice cosi) di una nota pasticceria di Terrasini. Tutto si è svolto nella tarda serata, poco prima della mezzanotte. Dello scenario fanno parte la sala del bar, come tutti i sabati sera gremita di clienti (molti provenienti dai centri vicini), e la strada comunale antistante sulla quale, da poco più di un anno, è stata opportunamente tracciata la pista riservata a podisti e ciclisti.

É circa mezzanotte, dunque, e a quell’ora io e i miei colleghi, come di consueto, ci affanniamo fra i tavoli del bar. A un tratto sui volti dei clienti notiamo una insolita espressione di inquietudine mista a smarrimento. All’inizio non ne capiamo la ragione, ma bastano soltanto pochi secondi per vedere che, una buona metà dei clienti, prima comodamente seduti, si riversa in strada: una scossa sismica o un improvviso fetore? Niente di tutto questo, si tratta solo di una squadra della Polizia municipale che si dispone a multare le numerose auto dei clienti posteggiate in “divieto di fermata” sul tratto di pista riservato di fronte all’ingresso del bar. Il risultato è presto detto: le sale del bar semi svuotate, i clienti inviperiti, qualcuno se ne va senza consumare, altri probabilmente non torneranno più. Il giorno dopo mi verrà riferito che analoga situazione si verificava nei pressi di una pizzeria, insistente su un altro tratto della stessa pista.
Mi preme, a questo punto, una riflessione di carattere generale: il rispetto delle leggi, in special modo delle norme di comportamento da parte di coloro che queste norme dovrebbero rispettare, cioè dei cittadini, non può incontrare alcuna limitazione. Trasgredirle significa mettersi da subito fuori dall’ordinamento, fosse anche per un solo secondo, e nessuno, pertanto, potrebbe ottenere o pretendere salvaconodotti di alcun tipo. È fuor di dubbio, d’altra parte, che chi ha il compito di fare rispettare le leggi dovrebbe, quanto meno, fare uno sforzo per individuare il momento in cui un’applicazione rigida e asettica della norma rischia di tradursi, nella pratica, in una distorsione dei delicati equilibri fra gli interessi posti sul tappeto. A volte si tratta di un compito veramente complesso, altre, per fortuna, relativamente agevole; molto dipende anche dai soggetti coinvolti.
Fatta questa puntualizzazione (non è il caso che mi dilunghi oltre) in riferimento all’episodio che ho appena narrato, si possono, a mio avviso ed in primo luogo, individuare due interessi: da una parte quello legittimo e scontato dei podisti-ciclisti ad avere una pista sgombera dalle auto; dall’altra il diritto di un imprenditore, allo svolgimento ordinato e redditizio della propria attività, (soprattutto nell’attuale fase di difficoltà occupazionale e di crisi generale dell’economia). Diritto, quest’ultimo che, a dire il vero, si traduce immediatamente in un interesse legittimo di tutta la comunità, a che le aziende piccole e medie del terziario, che costituiscono il volano della nostra economia locale, siano incentivate e sostenute (anche psicologicamente) soprattutto dalle amministrazioni pubbliche.
Sig. Sindaco, sarò onesto: pur riconoscendo (ma sarebbe superfluo sottolinearlo) di vivere in luoghi in cui la violazione delle regole è, purtroppo, ordinaria quotidianità, non ritengo che, in quel contesto, l’interesse del podista-ciclista della mezzanotte (quali podisti a mezzanotte?), sia un dato preminente. Allora, forse, bisognerebbe guardare ad un terzo interesse, a mio parere il più importante di tutti poiché riguarda il recupero, in un momento complicato come questo, del rapporto reciproco di fiducia e di sostegno, anche simbolico, tra cittadini, operatori economici ed istituzioni.
E con tutta franchezza quella di sabato 7 giugno 2014, alle ore 24:00 meno qualche minuto, mi è sembrata proprio summa iniuria, ma anche, molto più semplicemente, una cattiva figura che si poteva evitare.                                                               
                                                                                   Alessio Ruffino
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9 comments on “Quando l’eccessivo diritto equivale a grande ingiustizia (a proposito di multe per infrazione al codice della strada)
  1. A causa di uno spiacevole inconveniente tecnico (inesperienza) è saltato in modo irrimediabile il commento postato dal Sig “ANONIMO” e la breve risposta della redazione al commento stesso. Successivamente un altro commento è pervenuto, ed anche quello è saltato.
    PERTANTO CHIEDIAMO LORO DI VOLER ESSERE COSì PAZIENTI E GENTILI DI RIINVIARE I LORO COMMENTI IN MODO DA PROVVEDERE SPEDITAMENTE.
    gRAZIE. La Redazione

  2. RIPRISTINIAMO LA PUBBLICAZIONE DEI COMMENTI POSTATI. CI SCUSIAMO E RINGRAZIAMO QUANTI HANNO RISPEDITO I LORO POST.
    La Redazione

  3. “Absit invidia verbo”, onde evitare equivoci, non sono un simpatizzante dell’attuale sindaco di Terrasini, anzi, sono convinto che sia da annoverare tra i più inconcludenti della storia terrasinese; detto questo, però, leggendo la lettera aperta, sono rimasto a dir poco esterrefatto per il suo contenuto. “ Summum ius, summa iniuria” è il suo l’incipit , cavolo, mi son detto, e cosa sarà mai successo per andare a scomodare Cicerone… ! Orbene, il fattaccio…., il pasticciaccio brutto…, è dovuto ad manipolo di vigili urbani che, testardamente, presi da eccessivo zelo e senso del dovere,pensate un po’ a mezzanotte, hanno osato disturbare un gruppo di avventori, clienti di una nota pasticceria, che , in barba al codice stradale e ad un oramai, vituperato, senso civico hanno posteggiato le loro “numerose” auto su di un tratto di pista riservata ai podisti, situta di fronte al locale (in tale pista è vietatala la sosta e la fermata); ma la cosa peggiore è che i vigili hanno ….( guardate che ….hummm, mannaggia… al solo pensiero… che nerrrvi!!!!) hanno pure comminato delle multe (assuuurdo!!). Naturalmente, i poveri multati che hanno fatto? Si s-o-n-o arrabbiaaatiii….., siii, e, indignati, hanno detto: “ non ci veniamo più, andremo da un’altra parte.., dove potremo posteggiare dove e come vogliamo, anche contromano,….seeee!, siamo clienti Noi ….che credete…che paese di m….!”. Che figuraaaccia abbiamo fattooo! Siii,… ma tutti e…,tutti noi Terrasinesi!! Si, anche ,e soprattutto, quelli che, ancora si ostinano nel fermarsi con il segnale di Stop o a dare la precedenza ai pedoni sulle strisce pedonali o quelli che …( guarda… è incredibile!!!) viaggiano sulla corsia di destra e magari con la macchina assicurata e ( questo poi è il colmo..ma per davvero…!!!) anche di notte ( cose da pazzi…!!!).
    Ora, a parte la facile ironia, rivolgendomi, ad Alessio Ruffino ( ma anche alla redazione del “Terrasini Oggi” che mi stupisco come abbia potuto pubblicare una lettera del genere), vorrei, sommessamente,far notare che, Cicerone nel De Officiis, non intendeva, sicuramente che “l’eccesso di diritto genera somma ingiustizia”, bensì che “ la norma di legge, applicata in modo freddo ed indiscriminato a volte genera ingiustizia” nel senso che, ad esempio, il reato di furto ha un peso diverso se un tizio ruba, per fame, una pagnotta ovvero, per diletto, una confezione di profumi. È chiaro, quindi che “summa ius, summa iniuria” non può in nessun modo essere applicata al fatto in oggetto.

    Un podista nottambulo terrasinese. (PRIMA PARTE)

  4. (SEGUE DALLA PRIMA PARTE -ANONIMO PODISTA-)
    Argomentare poi che i podisti godono di un eccesso di diritti…., “Ab abusu ad usum non valet consequentia” (L’abuso di una cosa non è valido argomento contro l’uso della medesima), o addirittura fare intendere che tali diritti sono secondari , cito testualmente: “al diritto che ha un”imprenditore”, allo svolgimento ordinato e redditizio della propria attività ( a proposito: “Adulator propriis commodis tantum studet” ovvero l’adulatore pensa solo ai propri interessi), soprattutto nell’attuale fase di difficoltà occupazionale e di crisi generale dell’economia….”, come dire: “Signori miei,…, c’è crisi…, la volete smettere con questa cantilena dei diritti…, ma quali diritti…, i diritti non si mangiano…! IO sono un IMPRENDITORE!!, ed essendo un IMPRENDITORE, IO solo ho diritti. Voi volete lavorare? Siii? Be allora niente diritti…! Diceee… “ma non si può costruire sulla costa un’obbrobrio di prefabbricato, spacciandolo per solarium, che impedisce una delle visuali più belle della Sicilia, vanto del nostro paese e attrattiva di cui tutti abbiamo il diritto di godere”…oppure..diceee…”ma non puoi di fatto, occupare tutta una via , impedendo il passaggio veicolare (ed in alcuni casi anche pedonale) pagando la concessione solamente per un’area di venticinque metri quadri davanti il tuo locale”!…. Haaaaa…ma allora non ci siamo capiti, … c’è crisi…volete lavoro…? Siii….? Allora il “MIO” interesse è “IL” diritto “ che, a dire il vero, si traduce immediatamente in un interesse legittimo di tutta la comunità, a che le aziende piccole e medie del terziario, che costituiscono il volano della nostra economia locale, siano incentivate e sostenute (anche psicologicamente) soprattutto dalle amministrazioni pubbliche.”Quindi costruisco dove mi pare , occupo quello che mi pare ,altero ciò che mi pare , invado ciò che mi pare…anche la pista pedonale, mbè…,perché no? I podisti sono…podisti..mica miei clienti!!! Sono un IMPRENDITORE IO!… la crisi è come la guerra quindi “Silent leges inter arma” (in tempo di guerra le leggi tacciono), non rompete…non fateci innervosire,…..perchè siamo psicologicamente fragili!!! Okkio…,potreste essere causa di“ una distorsione dei delicati equilibri fra gli interessi posti sul tappeto” (Bo!!). Infine “…… individuare il momento in cui applicare una norma rigida e asettica ……. A volte si tratta di un compito veramente complesso, altre, per fortuna, relativamente agevole; molto dipende anche dai soggetti coinvolti” Come dire: a seconda di chi ti trovi davanti può scattare la regola del Razzi di Crozziana parodia:” Amico mio…..te lo dico da amico di iprentitore…..fatti li C…zi tuuaa. Fatti na’ pista petonale per i fatti tuoi , ma lontano da qua, ….fattela……. e ti fai pacaaare,…e… pooo…pooo…pooo, ti fai tanta crana… ti fai tanti euriii!!!!
    Caro Alessio scrivi: ”sono un lavoratore a chiamata (oggi si dice così)”, ora se quelle virgolette e quella parentesi sott’intendono “in nero” (comunque sia mi risulta che nel locale in cui lavori se ne fa abbondantemente uso) allora sappi che il non aver diritto di ammalarti, non aver diritto ad una gravidanza, non aver diritto alle ferie pagate , non aver diritto ad una assicurazione sul lavoro (INAIL) quindi occhio agli infortuni, non aver diritto di sciopero, non aver diritto a straordinari pagati, non aver diritto ad una pensione, non aver diritto ad una difesa in caso di licenziamento senza giusta causa, non aver diritto ad una paga allineata a quella prevista dal contratto nazionale, rispecchia appieno la interpretazione distorta del “Summum ius, summa iniuria” ovvero” l’eccesso di diritti porta ad una somma ingiustizia” ma in questo caso sei tu la vittima e se non ti ribelli e fai valere i tuoi “veri” diritti , allora “Asinus esuriens fustem negligit”, ma questa non te la traduco!
    Cordialmente.

    Un Podista nottambulo terrasinese

    FINE

  5. Finalmente un commento postato, anzi, a ben vedere, un articolone, che avremmo volentieri pubblicato in tutta evidenza (il primo “commento” della storia dei giornali web locali). Non entriamo minimamente nel merito delle dotte argomentazioni dell’Anonimo estensore, così come non l’abbiamo fatto con la precedente di Alessio Ruffino. Peccato però per l’anonimato! Su un punto che ci chiama direttamente in causa, tuttavia, vogliamo dire la nostra come redazione: non si deve meravigliare il sig. Anonimo se “Terrasini Oggi” ha pubblicato la lettera di Ruffino. E perché non avremmo dovuto? E’ una lettera e, quindi, in quanto tale, non rappresenta la posizione della redazione, anche se taluni passaggi sono condivisibili. Chiunque può pubblicare lettere, poiché non c’è, fino a prova contraria e fino a questo momento, il “pensiero unico”, ma posizioni che si confrontano. Ripetiamo: peccato per l’anonimato! (La redazione)

  6. Sig. Anonimo,
    anche a me rincresce che lei abbia scelto l’anonimato, se non altro perché, su questo tema e su questi fatti, mi sarebbe piaciuto un confronto a quattr’occhi; magari in futuro sarà possibile ma, al momento, non dipende da me.
    Vi sono, inoltre, un paio di altre cose che mi rincrescono. La prima riguarda il riferimento, fuori luogo e francamente non proprio di buon gusto (è un peccato perché il suo commento in alcuni punti merita), alla mia personale posizione lavorativa che non voleva, né doveva essere, nel modo più assoluto, argomento della mia lettera. Quindi, mio malgrado, sono costretto a puntualizzare che, se nella mia lettera vi ho fatto riferimento, è stato solo per spiegare perché mi trovassi lì. Per quanto attiene al termine “lavoratore a chiamata”, ho usato il virgolettato per la semplicissima ragione, forse sbagliando, di non sapere se il termine viene usato in gergo o se sia, effettivamente, quello tecnico. Avrei potuto dire di essere semplicemente un lavoratore del bar, ma non l’ho fatto e sinceramente non mi sono posto il problema. Forse ho ecceduto in particolari, niente di più.

    Tengo a questo punto a precisare, laddove ce ne fosse bisogno, che la mia lettera è stata frutto di una scelta di sensibilità personale (nota ai più che mi conoscono), assolutamente autonoma (non credo che il mio datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza). Peraltro, in generale, se è vero che il lavoratore a chiamata non è un dipendente, è pur vero che non è neanche un lavoratore in nero. Anzi la sua istituzione ha contribuito, nel bene e nel male, forse più nel male che nel bene, ad arginare il fenomeno del lavoro nero. Sull’abuso che se ne fa e sulla sua opportunità nel panorama della normativa lavoristica, potremmo discutere fino a domani, ma, ripeto, non doveva essere questa la sede. Dunque, la mia posizione contributiva è in regola; e per quel che ne so, anche quella dei miei colleghi. Mi scuso per questa premessa ma mi è parsa doverosa (ripeto, ne avrei fatto volentieri a meno).
    Alessio Ruffino
    (PRIMA PARTE)

  7. SEGUE -Alessio Ruffino-)

    La seconda cosa che mi rincresce è stato il travisamento o, peggio, lo stravolgimento del mio pensiero. Per mia cultura, sono portato a ritenere il rispetto delle regole e l’osservanza della legge, quasi come dogma di vita, e questo lo devo, in primo luogo, all’educazione impartitami dalla mia famiglia; la scelta accademica da me fatta ne è, probabilmente, solo una naturale conseguenza. Nella mia lettera ho scritto che “il rispetto delle leggi, in special modo delle norme di comportamento da parte di coloro che queste norme dovrebbero rispettare, cioè i cittadini, non può incontrare alcuna limitazione. Trasgredirle significa mettersi da subito fuori dall’ordinamento, fosse anche per un solo secondo, e nessuno, pertanto, potrebbe ottenere o pretendere salvaconodotti di alcun tipo”. Non ho mai contestato la legittimità dell’operato dei Vigili e delle sanzioni da essi combinate, né, tanto meno, ho mai inteso solidarizzare con chi si è lamentato per le multe; non ho neanche scritto che l’interesse del podista vale meno del diritto dell’imprenditore o, ancora più grave, che “il podista gode di un eccesso di diritti” (io sono un “ciclista urbano”). Né ho mai inteso affermare che in nome dell’interesse generale, possono giustificarsi le nefandezze più immonde (anche perché non sarebbe più interesse generale!). Semmai, ho tentato di mettere a confronto due fattispecie, reali e circostanziate, nell’ambito delle quali trovano vita due interessi apparentemente contrapposti (ho scritto di “interessi legittimi”, non di diritti, e la differenza non è da poco). Ho considerato il diritto soggettivo dell’imprenditore unicamente quale preambolo di un interesse legittimo di tutta una comunità. Il dato che questi due interessi oggi, a Terrasini, appaiono divergenti, non dipende dalla loro intrinseca natura, ma dal fatto che una parte dei cittadini -non solo terrasinesi ovviamente, e comunque fortunatamente, a mio parere, una esigua minoranza- sono civilmente ineducati ed incapaci di rispettare la maggior parte delle regole. Allora forse bisognerebbe educare i cittadini anche costringendoli ad osservarle queste benedette regole, ad esempio rendendo più bella questa obbrobriosa pista podistica, ridisegnandone i limiti, colorando per esteso tutta l’area, aggiustando il manto (il pericolo di inciampare o di slogarsi una caviglia è sempre in agguato), tagliando le erbacce, e perché no, in prossimità degli esercizi commerciali, installando delle cunette o delle barriere anti auto. Se ci si limita soltanto a sanzionare chi posteggia su una pista, per lo più invisibile anche di giorno, ritengo non si risolverà mai nulla, e si continuerà a rendere inviperiti tutti: commercianti, automobilisti e podisti. Una corretta applicazione delle norme, dovrebbe passare anche per questi adempimenti.
    Tutti i pomeriggi, in cui io mi trovo al bar (a lavorare), mi capita, non di rado, di vedere passare qualche ciclista o qualche corridore che percorre la pista, districarsi fra le auto posteggiate in divieto di fermata, e puntualmente interviene, anche due volte nel giro di un’ora, una squadra dei vigili urbani a multare le auto in sosta; non so dire di essere l’unico, ma tifo sempre per i vigili, e a chi si lamenta o protesta (praticamente tutti, anche chi non ha l’auto in divieto), io dico sempre che c’è poco da lagnarsi, che quella è una pista pedonale e che i divieti di fermata sono regolarmente apposti. A questo punto mi viene il dubbio di avere peccato troppo di presunzione e cioè di avere dato per certo, nel mia “lettera aperta”, quindi per scontato, che a Terrasini a mezzanotte nessuno usufruisse della pista podistica. Mi ero sonoramente sbagliato, e di questo me ne scuso, se lei, Sig. Anonimo, come afferma, a quell’ora ne è un abituale fruitore.

  8. (SEGUE TERZA ED ULTIMA PARTE -Alessio Ruffino-)

    Per quanto riguarda, infine, la massima “summum ius summa iniuria”, è vero che essa nasce e si spende nell’ambito dell’applicazione di alcune figure penalistiche (celebre è l’esempio del furto della pagnotta come lei ha giustamente ricordato), ma io, per concludere, ritengo che trovi, sovente, efficace adattabilità in senso lato a tutte le manifestazioni della socialità nelle quali occorra ricomporre i contrasti e le divergenze; d’altra parte cosa è il diritto se non questo? Concludo ribadendo il mio pensiero (che forse, nella mia lettera, non sono riuscito a trasmettere in modo chiaro e adeguato): in alcune circostanze particolari ed eccezionali, opportunamente valutate, l’applicazione delle norme generali, non la loro osservanza (difatti non ho mai parlato di “norme rigide e asettiche” come Lei ha scritto, ma di “applicazione rigida e asettica”), può trovare forme di adattamento momentaneo, per l’assolvimento di interessi generali (mai particolari) di volta in volta ritenuti preminenti; in questi casi, insomma, a dirla con una massima latina di nuovo conio, si potrebbe … chiuderem un occhium.

    Alessio Ruffino
    (FINE)

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