Per lungo, lunghissimo tempo il Palazzo municipale è stato avvolto da una spessa coltre di silenzio. Una sorta di rassegnazione, mista ad aristocratico distacco, si è impadronita di tutti noi che, invece, avremmo dovuto impedire che questa “malattia” non prendesse campo. Poche, veramente poche le voci attente e critiche (nei confronti della politica amministrativa in generale, non di una in particolare); voci isolate fino al punto da sembrare monotone se non, addirittura, fastidiose (si veda Facebook o le sporadiche proteste più o meno organizzate). Il vuoto ha prodotto il mostro: le gravi disfunzioni di cui oggi paghiamo il conto. Ma siamo noi i primi responsabili; siamo stati tutti noi, la così detta “società civile”, a non prendercelo e a non usarlo questo benedetto spazio. Occorre allora meditare e rimediare: rompere la coltre del silenzio, tornare a esercitare il controllo sociale e democratico dal basso, ridurre le distanze tra noi cittadini e la politica, ampliare la partecipazione democratica. Ogni altro rinvio sarebbe colpevole. Ma ci si aspetta pure il contributo di idee e di proposte dei nostri lettori senza i quali l’impegno sarebbe vano.