Ho un problema. Un problema serio.
Quando esco dalla Sicilia e mi avvicino al bancone di una pasticceria, mi lascio sedurre da tutte quelle forme a me nuove, da quei colori, da quei nomi così “diversi”.
E’ capitato qualche tempo fa in costiera amalfitana.
E’ capitato a Milano.
Ed è capitato anche lo scorso weekend a Genova.
Dolci dall’aspetto “innovativo”. Bicchierini “moderni” e trancetti golosi.
Mi lascio tentare dalla gola e prendo diversi assaggi di mignon.
E poi la delusione.
Sempre.
Come se a quei dolci mancasse qualcosa.
Ma non riesco a capire cosa.
Sono belli, hanno un aspetto molto invitante, le etichette parlano di ingredienti ricercati, sono colorati, esposti in bella mostra.
E allora? Cosa manca?
Ecco cosa manca: non sono siciliani.
La nostra pasticceria è “classica”, è vero. Ma ha un gusto molto intenso e persistente. Forse assuefatta da questi sapori così forti, non riesco a gustare in pieno ciò che trovo fuori.
Cannoli siciliani
Per 20 cannoli
Per le scorze:
- 250 gr farina 00
- 15 gr zucchero
- 1 gr sale
- 5 gr cacao amaro
- 25 gr strutto
- 75 gr nero d’avola
- 1 uovo
Per la crema:
- 1 kg di ricotta di pecora
- 350 gr di zucchero
- 200 gr di cioccolato fondente tritato al coltello
- cubetti di arancia candita (facoltativi)
Per finire:
- ciliegie candite
- filetti di arancia candita
- zucchero a velo
- Olio di semi (o strutto) per friggere
Il giorno precedente la preparazione, dedicarsi alla ricotta: la ricotta deve essere fresca ma asciutta. Porla in uno scolapasta e farla sgocciolare in frigo per un’intera giornata. Il giorno successivo, mescolarla con lo zucchero, farla riposare un’ora e poi passarla al setaccio. Dovrete ottenere una crema morbida e setosa, senza grumi. In mancanza del setaccio, si può usare un colino a maglie fitte.
Sempre il giorno prima, iniziare a preparare le scorze:
Miscelare tutti gli ingredienti secchi, unire lo strutto e sbriciolarlo con le dita. Inserire poi l’uovo e il vino rosso (poco alla volta, potrebbe non servire tutto!) fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Avvolgerlo nella pellicola e lascialro riposare per almeno 24 ore.
Il giorno dopo, stendere l’impasto con il mattarello. Non sarà necessario usare nè olio nè farina. L’impasto è molto elastico, quindi tenderà a restringersi. Ci vuole un pò di pazienza.
Stenderlo piuttosto finemente e ritagliare dei cerchi di 12 cm.
Appoggiare la canna sul disco di pasta e avvolgerlo, tirando leggermente i bordi e rialzando la pasta verso il centro. Unire le due punte, pressando con il dito in modo da farle attaccare tra di loro (consiglio della mamma che io NON ho seguito: spennellare con un goccio di albume le due estremità in modo che in cottura non si aprano)
NOTA: ci vorrebbero le apposite canne di bambù. Io non le ho e ho usato quelle in acciaio che comunque hanno fatto il loro lavoro!).
Quando l’olio (o lo strutto) sarà caldo ma non bollente, tufafrci dentro le canne e fare cuocere le scorze. Dovranno rosolare ma non bruciare. Vedrete che inizieranno a formasi delle bolle in superficie. Attenzione: io non amo friggere e questa fase è per me la più ostica. La temperatura dell’olio deve essere ottimale: se è troppo caldo, le scorze bruceranno subito. Se è troppo freddo, assorbiranno troppo olio e diventeranno indigeste.
Una volta cotte, estrarle dall’olio e farle freddare completamente. Per estrarre le canne sarà sufficiente imprimere su di esse una leggera pressione e sfilarle delicatamente.
Una volta freddi, farcirli con la crema, decorarli con mezza ciliegia candita e spolverare con zucchero a velo
NOTE: le scorze cotte si conservano in una scatola di latta per qualche giorno. Una volta farciti, però, vanno consumati subito. La crema, una volta zuccherata, può essere congelata tranquillamente.
Stefania
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