Sfilate, un interessante affollato convegno su quel che fu la “controdanza”, carri allegorici (da qualche anno falcidiati dalla crisi), scuole protagoniste, cavalieri a cavallo a frotte, qualche carrozza e degustazioni …
Il Carnevale di Cinisi si adatta alle circostanze del momento, ma è lì e, nonostante tutto, mantiene il proprio smalto e la voglia di fare.
E a proprosito delle scuole protagoniste, riportiamo un passo significativo di un articolo comparso sul periodico CHINNISI: «[…] Uno dei cardini del Carnevale di Cinisi, è la scuola, che riesce a risvegliare la tradizione popolare nelle menti degli alunni, senza allontanarsi mai dalla realtà, infatti i temi delle sfilate carnevalesche hanno sempre trasmesso messaggi di tipo culturale: dalla politica al cinema, dall’ecologia alla storia, e così via. Il contributo dei docenti è sempre stato basilare, perché tutti con dedizione e impegno, hanno operato e continuano a farlo nel proprio campo di competenza […]». È vero, non c’è che dire.
E a Terrasini? A Terrasini resta il ricordo di un altrettanto splendore … e qualche foto ormai ingiallita!
E così, roso dall’invidia, ci siamo rifugiati nei ricordi. Abbiamo scomodato Faro Lo Piccolo col suo splendido libro di memorie (la stesura è di G. Ruffino) pubblicato nel 2011 a cura del Comune di Terrasini (potete trovarlo nelle biblioteche comunali e scolastiche).
Il libro si intitolava Fammi rari un muzzicuni, ca ti cuntu un cuntu! (Fammi dare un morso, che ti racconto un racconto!).
Dal paragrafo “Marco e Rosa sposi” (pag. 279-280)
[…] Come il matrimonio fatto in piazza, davanti il sagrato della chiesa. Era stato organizzato dal circolo della Madonna delle Grazie. […]
Ricordo le figure di Filippino Sassano che faceva il marito e Vito Palazzolo Pieddi Nìvura che faceva la moglie, uno piccolino e l’altro alto due metri; orecchini, collana, anelli, pelliccia, cappelli […] Il prete Mimmo Lo Grasso Panipani e mi ricordo una battuta indimenticabile con la piazza strapiena di persone. Il corteo nuziale girava per tutto il paese e poi finalmente arrivava in piazza e tutti appriessu. La lettura del prete recitava: «Marco Marchetto, becco perfetto, vuoi tu pigliare in matrimonio la qui presente Rosa Rossana grande buttana?». E le persone si scompisciavano, e poi tutto il resto.
Siamo nel dopoguerra, quando la gente era rilassata perché erano finiti i lutti e le paure e si stava cominciando a sperare in tempi migliori: la gente voleva divertirsi, dimenticare.
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Pure l’Azione cattolica, in un certo qual modo, anche se non ufficialmente, vi prese parte, dal momento che mons. Bertolino si dimostrò piuttosto critico […] per il fatto che era stato “celebrato” davanti al sagrato della chiesa, anche se nessun segno esteriore lasciava intendere un ben che minimo tacito consenso da parte della chiesa. Ma lasciamo perdere, erano altri tempi … altra mentalità!
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Venivano da tutte le parti della provincia a ballare a Terrasini. Il Carnevale di Terrasini era qualcosa di fuori dall’ordinario: le strade la notte affollate fino all’inverosimile; per ogni strada due tre serate e gente che andava e veniva. C’erano i bastonieri che accompagnavano le maschere e garantivano per loro perché se no dovevano svelarsi prima di entrare; si entrava a turno, altrimenti non si poteva stare in una sala per la folla che si creava, e allora mettevano i ferri alla porta per non fare entrare altri fino al giro successivo. Il bastoniere, mentre si applaudiva per i balli che si svolgevano, ad un certo punto gridava molto forte: «Giù le maschere» e tutti si svelavano. Oltre all’applauso c’erano abbracci, vasati e poi tutti ddà rintra a bere il bicchierino e a gustare dolci. Chiunque, naturalmente, poteva partecipare, circoli vari e privati cittadini.
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Ricordo pure Carru Lo Duca Lucia giovanissimo vestito da clown, con i trampoli. Carru ogni anno ne faceva uno diverso di costumi, come quella volta con la bici e i trampoli: camminava e si appoggiava ai balconi della Via Palermo. Allora Terrasini, in quanto a Carnevale, era all’avanguardia perché non ce ne erano altri simili nei paesi vicini.
I CAVALIERI SPAGNOLI DI CINISI
Infine, la ciliegina sulla torta: la cavalcata di Cinisi (che durò a lungo finché, nei primissimi Anni Sessanta, se ne perse traccia). Era uno squadrone di almeno quaranta cavalieri che indossavano tutti la divisa di soldati spagnoli (grosso modo il costume indossato da Zorro nei film che conosciamo). Ma non credo che a Cinisi qualcuno abbia mai avuto consapevolezza che quella cavalcata di soldati spagnoleschi fosse un richiamo ai dominatori spagnoli. Ora che a Cinisi è stato ripreso un Carnevale in chiave diversa, sarebbe interessante rimetterla in vita questa tradizione. Era magnifico vedere tutti questi cavalli messi in fila per quattro che occupavano l‟intera carreggiata e faceva un effetto sentire a distanza il loro arrivo a Terrasini col battere di tutti quegli zoccoli.
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Quell’anno, però, ci fu, a margine, un gran tutù perché mons. Bertolino si lamentò della carrozza con Pino Di Stefano e la Marchiona. […] Allora le donne, signorine, fra l’altro, neppure in occasione del Carnevale potevano fare coppia in modo così … plateale. […] I tempi -ripeto- erano quelli che erano!