UN NOSTRO VIDEO DEDICATO AI TERRASINESI LONTANI.
FEDE E FOLKLORE NELLA NOSTRA TRADIZIONE POPOLARE
di Giuseppe Ruffino e Vito Cardinale
Il 19 marzo ricorre la tradizionale festa dedicata a San Giuseppe, che da qualche anno, nel nostro paese, rifiorisce sempre più ricca nel suo significato e nella sua bellezza di devozione popolare.
Dello studio di RINO CATALFIO, pubblicato nel 1985 su “Terrasini Oggi”, vi proponiamo di seguito alcuni passi.
[…] LA CENA
Una manifestazione della devozione popolare verso il Santo è costituita dalla «Cena di San Giuseppe», una festa diffusa in tutta la Sicilia, che ha conservato intatto il rituale a Terrasini e nei paesi vicini, anche se oggi v’è la tendenza ad utilizzare queste manifestazioni della devozione popolare in chiave turistica.
La cena nasce da una promessa conseguente ad una grazia ricevuta o espressione della devozione verso il Santo. […]
Con la promessa si articola la struttura della festa futura.
Si sceglie numero degli invitati, tre, cinque, dieci, fino ad un massimo di tredici che raffigurano i dodici apostoli e Gesù riuniti nell’ultima cena e le persone degl’invitati che non sono strettamente legate alle figure degli apostoli, ma possono spaziare nell’ambito dei santi venerati da colui che organizza la cena (ad esempio, si possono invitare i genitori di Maria (Anna e Gioacchino secondo gli apocrifi), S. Rosalia, ecc. […].
Una volta ultimata la tavola hanno inizio le visite serali dei vicini per ammirare a tavola cunzata e recitare il rosario.
Questo periodo termina la vigilia del 19 con una luminaria dedicata al Santo affinché egli possa riscaldarsi le stanche membra.
È un cumulo di legni da ardere, vecchie sedie, cassette, rottami di barche che viene bruciato in un’atmosfera di allegria, di fastosità, di grida, corse, salti di bambini eccitati dalla alta, calda e luminosa «vampa». […]
IL GIORNO DI SAN GIUSEPPE
[….] All’ora stabilita giungono gli’invitati e la stanza si riempie di spettatori attenti e parteci.
I poveri vengon fatti sedere a tavola e da quel momento finché durerà la cena verranno chiamati «Santi»: nei posti centrali Gesù, San Giuseppe e la Madonna.
Gesú è impersonato da un bambino che veste una tunichetta bianca, stretta alla vita da una fascia rossa. Giuseppe e Maria, generalmente, indossano abiti comuni come gli altri invitati. Soltanto Giuseppe, tiene in mano il bastone fiorito d’odorose fresie.
Ha inizio la cerimonia he è preceduta dalla benedizione del pane fatta dal prete.
La Sacra Famiglia esce dalla stanza e si pone all’esterno della porta di casa; all’interno, in ginocchio, con una candela accesa alle spalle, i padroni di casa.
Tre volte bussano i pellegrini, rievocando così le difficoltà incontrate a Betlemme nella ricerca di un «albergo».
Le porte della casa si spalancano ed i tre pellegrini vengono accolti con grida di gioia: « Viva lu patriarca S.Giuseppi!!! » […].
è una bella cosa ricordare S. Giuseppe con i poveri. Ricordo che, quando ero piccola, a Palermo, per la festa di San Giuseppe, si invitavano i poveri a casa mia. Mia madre faceva montare un tavolo lunghissimo apparecchiato dove si sedevano i poveri. Noi della famiglia servivamo a tavola i cibi. Altre volte, se non si poteva fare a casa nostra, si d. avano i soldi al parroco e il pranzo si faceva in Parrocchia. I poveri erano tanti. E' un bel ricordo! Però, penso che i poveri dovrebbero essere pensati ogni giorno, non soltanto una volta all'anno.
è una bella cosa ricordare S. Giuseppe con i poveri. Ricordo che, quando ero piccola, a Palermo, per la festa di San Giuseppe, si invitavano i poveri a casa mia. Mia madre faceva montare un tavolo lunghissimo apparecchiato dove si sedevano i poveri. Noi della famiglia servivamo a tavola i cibi. Altre volte, se non si poteva fare a casa nostra, si d. avano i soldi al parroco e il pranzo si faceva in Parrocchia. I poveri erano tanti. E' un bel ricordo! Però, penso che i poveri dovrebbero essere pensati ogni giorno, non soltanto una volta all'anno.