VIDEO INTERVISTA
Sulla “Notte delle Luci” e sulla tradizione del 1° settembre parla Monsignor Raffaele Speciale che introdusse la celebrazione liturgica accompagnandola al rito dello scampanio e dell’esposizione dei lumi. E che si dice parecchio perplesso sulla manifestazione che da qualche anno va in scena a Terrasini.
di Franco Cascio
C’era uno strano silenzio fino a qualche anno fa tra le strade di Terrasini la sera del 1° settembre. Silenzio interrotto solo dal suono delle campane. Davanti a molte abitazioni, gruppi di persone si raccoglievano in preghiera intorno a un lume acceso. In pochi, pochissimi, conoscevano il vero motivo del ripetersi ogni anno di quel rito. Versioni contrastanti sull’origine di una tradizione, tramandata solo oralmente.
E non era al corrente nemmeno il giovane parroco della Chiesa Madre, da poco insediatosi. Si trattava di Don Raffaele Speciale.
Era un primo settembre di più di cinquant’anni fa quando il sagrestano lo informò che la sera avrebbe suonato le campane fino a mezzanotte. Era una tradizione a Terrasini, gli disse. Non c’era però nessuna liturgia che accompagnasse il battito delle campane, ma in quel momento il prete, fresco di nomina, non poteva fare altro che fidarsi del saggio collaboratore.
Poi, negli anni a venire, ebbe l’intuizione di organizzare un momento di penitenza e ringraziamento (esposizione del Sacramento, scampanio, canto del Te Deum e messa solenne) anche in virtù del fatto che il 1° settembre coincide con il novenario della festa di Maria SS. Delle Grazie, Patrona di Terrasini.
L’intuizione risultò giusta e negli anni a venire si continuò a rispettare – seppur con qualche variante – l’editto del Senato del 20 settembre 1726 che stabiliva che per tre sere si facessero luminarie in segno di ringraziamento per non avere patito maggiori danni a causa del terremoto che il 1° settembre sconvolse la città di Palermo e i paesi più vicini.
Rito e celebrazioni liturgiche andarono avanti per decenni, fino a quando qualcuno pensò bene di stravolgere la tradizione, di violentarla nel suo profondo significato spirituale, con spettacolarizzazioni di dubbio gusto, arrivando addirittura a proporre ricostruzioni storiche distorte rispetto agli eventi di tre secoli fa. L’ennesimo attentato al patrimonio culturale immateriale di Terrasini, l’ennesimo colpo alla memoria di una comunità. “La notte delle luci” l’hanno chiamata.
Ne parliamo nell’intervista video che segue proprio con Monsignor Raffaele Speciale, oggi a riposo, dopo mezzo secolo di vita sacerdotale a Terrasini, che dice: «Non voglio entrare in polemica con nessuno, ma si sta tentando in tutti i modi di far morire le tradizioni».
L’INTERVISTA VIDEO
-Riprese e montaggio di Giuseppe Ruffino-
L'identità questo paese non ce l'ha più. Triste verità. Mi auguro che i terrasinesi riflettano sulle "vere" tradizioni popolari da mantenere, e in qualche caso da riprendere, prima di esultare per ogni tipo di "spettacolo circense" che con un colpo di spugna cancella, negli anni, l'identità del nostro paese. Rispettiamo le tradizioni. Chi cerca di stravolgerle si assume la grave responsabilità di cancellare la nostra storia.
Condivido con la Sig.ra Ilde Cascio. Purtroppo a Terrasini, c’è molta confusione, Si approfitta di qualsiasi occasione, in questo caso di tradizione religiosa local-popolare, per cercare di attrarre gente di altri paesi. Il fine è quello di sempre, il modo è molto discutibile. Ricordate quando gli ebrei, stanchi di aspettare Mosè. costruirono il vitello d’oro da adorare e si diedero alla pazza gioia dimenticando di glorificare Dio nella giusta maniera? La prima impressione, per me, quando ho saputo della serata organizzata dal Comune, è stata questa! Ma perché? La mia famiglia, io ed i terrasinesi veraci rispettavano la vecchia tradizione di cui mi parlava mio Padre. La sera del 1 Sett. tutti accendevamo dei ceri (anche più di uno) fuori dalle case ed ascoltavamo le campane che per mezz’ora squillavano in ricordo dello scampato pericolo del terremoto. Io vedevo tante luci accese davanti tutte le case. Era molto bello, nel totale silenzio ascoltare le campane. Noi della famiglia ascoltavamo, inginocchiati vicino ai ceri, pregando. Niente grandi luci, niente spettacoli, niente folclore. Speriamo che l’anno prossimo a Terrasini si torni alle nostre tradizioni.
Questa nostra amministrazione non ne azzecca una. Non bastava aver sradicato a suo tempo i Ficus, patrimonio antico e sacrale dei terrasinesi,dalla piazza Duomo, consentendo di renderla ancor più invivibile dall'eccesso della movida, prepotente e arrogante, degradandola sempre di più. Mancavano luci e colori, a distogliere chi invece desiderava, solo il suono delle campane e le luci delle candele, nel rispetto della sana tradizione popolare. Qualcuno, si faccia un esame di coscienza.
Intervista molto interessante perchè cerca di fare luce e capire ciò che in realtà successe in quell'anno 1726; da sottolineare la ricosrtuzione storica di Mons. Raffaele Speciale.
Lo spirito dei luoghi è fuggito inorridito nel vedere la sua Terrasini cadere nelle mani di individui senza cultura e senza amore per la propria terra.
Lunedì 30 dicembre 2013
"Quando ho formato il gruppo di quelli che vogliono il ritorno dei Ficus in piazza Duomo volevo creare una metafora che attraverso la vicenda di ficus esprimesse il mio senso di smarrimento per una serie di decisioni e comportamenti che avrebbero, secondo il mio parere, segnato per sempre la vita della nostra comunità. Non pensavo minimamente che quei ficus potessero fisicamente tornare al loro posto, ma speravo che i miei concittadini capissero l'importanza simbolica di quegli alberi e si opponessero ad ogni successiva azione tendente a cancellare quelli che erano i segni distintivi della nostra cultura e del nostro modo di essere, i nostri usi ed i nostri costumi. Nulla di tutto questo è successo ed abbiamo assistito impotenti alla chiusura della piazza che l'ha desertificata, al crollo della torre Paternella, al degrado della torre Fanara, al taglio di alcuni cipressi che albervano l'antico viale del cimitero. Abbiamo tollerato in silenzio l'obbrobriosa circolazione stradale, la creazione delle strisce blu che non sono servite ad altro che a sperperare denaro pubblico e creare fastidi a cittadini e commercianti. I ficus stanno morendo uno dopo l'altro e la cultura non abita più qui". Sono d'accordo con mons. Speciale, Terrasini non ama le tradizioni e tende a cancellare quelle poche che possiede.
Con profonda amarezza constato che Padre Speciale, uomo di grande cultura, ha ragione. Immagino Terrasini domani: un luogo senza passato quindi senza lfuturo, festaiolo, piazzaiolo dove tutti prevaricheranno su tutti senza alcuna regola o valore morale. Il ricordo di mio padre è emblematico: fondò con il suo Museo del Carretto il Museo di Palazzo D’Aumale dunque egli stesso simbolo di identità siciliana. Oggi mio padre, pur così unico, è stato dimenticato, deriso, trascurato al punto che non gli è stata intestata nemmeno una trazzera. Una domanda fra mille: che fine ha fatto il Castello di Gazzara che fu nel 1600 il primo insediamento comunitario di Terrasini? È possibile che esiste il vuoto umano e culturale assoluto? Alla Politica chiedo tutte le risposte.