Agli incontestabili documenti storici esibiti da più parti e alla chiara presa di posizione dell’ANPI-Sicilia, il Sindaco oppone una vaga certificazione … Vediamo di che si tratta.
Intanto mentre stiamo per pubblicare il presente articolo, apprendiamo che i consiglieri comunali dei gruppi “È Tempo di Cambiare” e “Partito Democratico” hanno presentato una mozione (chi volesse leggerla clicchi qui), con la quale si chiede di: 1. NON rimuovere l’intitolazione di via Salvatore Badalamenti e aggiungere nella targa anche la dicitura “partigiano”, 2. procedere all’intitolazione di un altra importante via a San Giovanni Paolo II.
Ci è capitato di esaminare la delibera di Giunta n. 51 del 18/5 recante in oggetto «variazione intitolazioni vie e nuove denominazioni» voluta e imposta dal sindaco di Cinisi Gianni Palazzolo. Nello stesso tempo abbiamo pure letto il bel testo della “memoria oppositiva” di un vasto arco della Comunità cinisense inviato a vari organi istituzionali, primo fra tutti Sua Eccellenza il Prefetto di Palermo cui spetta l’ultima parola sulla vexata quaestio.
Leggendo e comparando i due opposti documenti, balza subito evidente il forte divario fra l’amministratore e l’amministrato; fra decisioni dettate da esigenze di immagine da una parte, e richiesta di linearità, verità e trasparenza dall’altra.
Il solco è profondo …!
Nel caso specifico non erano e non sono in discussione questioni tecniche su dissesti idro-geologici o su impianti di depurazione, ma la semplice variazione di una via su cui la stragrande maggioranza dei cittadini ha mostrato in modo chiaro livelli diversi di dissenso.
Perché, allora, insistere su una questione così fortemente connessa al sentimento popolare (disconoscere la morte in combattimento di un eroe della Resistenza sul finire della guerra)? Cosa ha spinto, ci si chiede, il Primo Cittadino a proseguire su una … “strada” scoscesa, giungendo perfino a scrivere in una delibera della Repubblica italiana nata dalla Resistenza, che «il certificato di morte trasmesso dal Comune di Sant’Albano Stura, trascritto nella parte II –serie A del registro di stato civile di questo Comune, dal quale si evince, essendo stato rubricato nella parte seconda, la morte per cause naturali e ciò in contrasto con quanto risulta nella scheda in possesso dell’Istituto piemontese per la Storia della Resistenza di Cuneo […]».
La delibera così prosegue: «PRESO ATTO che, in ogni caso, l’Amministrazione comunale presume che la scelta della suddetta intitolazione possa essere stata dettata da una forma di accondiscendenza da parte dell’Amministrazione del tempo nei confronti di Gaetano Badalamenti […]».
Contorsionismi burocratici, forzature inconcepibili, che nulla hanno a che fare con la storia.
A questo punto, allora, è necessario esaminare più a fondo i passi fedelmente riportati nella delibera.
a) Preliminarmente si fa notare che il Sindaco e la Giunta non hanno voluto affrontare di petto la questione, inserendo la decisione del cambio di intitolazione in una rosa di provvedimenti (si veda l’oggetto: «variazione intitolazioni vie e nuove denominazioni»). Ma sorvoliamo su questo aspetto per molti versi secondario;
b) il certificato del Comune di Sant’Albano Stura Ceriolo, da cui si vorrebbe direttamente evincere la morte per “causa naturale” del Partigiano Badalamenti, non è allegato alla delibera, e non lo è neanche l’atto di trascrizione. Non è un fatto marginale questo se si considera la dovizia di particolari esibiti dai cittadini nella loro memoria oppositiva. Se fosse dimostrata la morte naturale, verrebbe meno la richiesta di mantenere in vita l’intitolazione, ma così non è né può essere. Infatti noi, in redazione, abbiamo la copia integrale dell’atto di morte (ci è stato inviato su nostra richiesta da quel Comune) e non vi è traccia della dicitura “morto per causa naturale”. Vi compare, invece, l’annotazione che il corpo di Badalamenti è stato rinvenuto in data «23 aprile 1945 sulla strada provinciale per Ceriolo (NDR: frazione di Sant’Albano) nei pressi “località Fosso” …». Dunque sulla strada … in località Fosso …(! ). Ora, è risaputo che di infarto si possa anche morire per strada (capita soprattutto ai fratelli dei futuri capi mafia), ma il fatto che in quelle contrade, nel 1945, transitassero ancora numerosi turisti nazi-fascisti, non sfiora minimamente la mente del sindaco e degli assessori.
“Parte II –serie A del registro di stato civile” PUÒ SIGNIFICARE anche morte per “causa naturale”. PUÒ, ma non è detto che sia. In conclusione, stando a quanto ci ha spiegato un amico esperto di Palermo, tutte quelle sigle di per sé non possono né debbono condurre alla diretta conclusione della “morte per cause naturali”. In ogni caso il certificato va storicamente contestualizzato (siamo nel momento in cui lo Stato Sabaudo va in liquefazione; siamo nel momento in cui è in atto la fase finale della insurrezione generale, quando tutti i patrioti scendono dalle montagne ed entrano nelle città; quando regna il caos più assoluto).
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Nell’altro passo contenuto nella delibera, la Giunta si spinge invece in ‘presunzioni’ maldestre, che lasciano il tempo che trovano. Rileggiamo: «l’Amministrazione comunale presume che la scelta della suddetta intitolazione possa essere stata dettata da una forma di accondiscendenza da parte dell’Amministrazione del tempo nei confronti di Gaetano Badalamenti».
c) Ordunque, ci si chiede come si possa scrivere in un atto pubblico che “l’amministrazione presume …” ? e se pure si dimostrasse, senza ombra di dubbio, che ci fu la richiesta da parte di un familiare, non è forse legittimo che un cittadino della Repubblica richieda (come spesso è accaduto) che sia intitolata una via a un fratello caduto in guerra? che c’è di così sconvolgente? cosa avrebbe dovuto impedirlo, forse il fatto che Gaetano Badalamenti sarebbe divenuto di là a un quindicennio capo indiscusso di “Cosa nostra”?;
d) seguono altre perle: “scelta dettata” – “forma di accondiscendenza” – “amministrazione del tempo”. Quanti equilibrismi, che inutili eufemismi!
Quante forme di accondiscendenza si conoscono?
E ancora: “scelta dettata” o, piuttosto, “scelta imposta”? E perché mai ‘dettata’ (che galanteria!), essendo in gioco un capo mafia del calibro di don Tano? perchè non usare, in una delibera del maggio 2015 (non del 1956), i termini “assoggettamento” o “acquiescenza”?
E infine, qual era “l’amministrazione del tempo”? quale tempo? Forse quella guidata negli anni Cinquanta dal sindaco avvocato Antonino Orlando? Infatti il sindaco Palazzolo per primo ha sempre indicato gli “Anni Cinquanta”, ma improvvisamente (si veda e si ascolti l’ultimo video del 9 maggio dal balcone di “Casa Memoria”), forse per rendere più verosimile e coerente la così detta “accondiscendenza”, egli spinge il tutto in avanti, in un indefinito “Anni Sessanta”, periodo in cui il ruolo di don Tano si stava ben assestando nel gotha mafioso. Pochi, forse, hanno notato quest’ultimo particolare subliminale.
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È sconcertante l’odierno scenario che ci viene offerto. Rappresenta -nel nostro piccolo- il sintomo palpabile dello sgretolamento della cultura civile e storica oltre che delle coscienze. Non vorremmo enfatizzare questo concetto, ma c’è il “vuoto”, il “nulla” che avanza, la qualcosa dovrebbe maggiormente preoccuparci. E non è solo il problema della Via Badalamenti, ma la stessa sensazione di smarrimento che si è avvertita e si avverte in altre innumerevoli circostanze (vedi, a es., i recenti risvolti del “caso pasticceria Palazzolo”, o quello dell’Opera Pia).
E no, qui è in gioco il valore della “VERITÀ”, perché la Verità -come qualcuno diceva- è per sua natura rivoluzionaria, mentre col metodo della menzogna, tutti gli altri problemi -a iniziare dalla spazzatura- si complicano e mai si risolvono o si risolvono a metà, come le mezze verità.
L’intreccio dei più alti valori civili (Resistenza-Antimafia), che dovrebbe rappresentare un binomio inscindibile nella vita di ciascuno di noi e, innanzitutto, fra i giovani, cede spazio alla artificiosa contrapposizione “strada sì”/“strada no”, che porta … fuori strada.
A chi giova tutto questo? Intanto il danno culturale è grande, il segnale inviato ai giovani pessimo e tutto a scapito di trentasette fiaccolate per Peppino e contro la mafia, ma pure del sacrificio di un partigiano, che ebbe il solo torto di avere un fratello minore che più tardi avrebbero tutti chiamato don Tano, facendo magari a gara per sceglierlo come padrino di cresima.
Spero che l'amministrazione cinisense si ravveda e che prenda in considerazione il suggerimento di aggiungere al nome di Salvatore Badalamenti la dicitura "Partigiano", diversamente si disonorerebbe una persona onesta che ha dato la sua vita per quello in cui credeva.
Forse è stato proprio Don Tano che, sebbene ancora giovanissimo, stanco dei richiami morali del suo stesso congiunto, abbia deciso di farlo fuori mandando dei sicari travestiti da nazifascisti! Ma finiamola con questi avvelenatori e mistificatori della Storia! Onore ai fratelli partigiani morti per la nostra Libertà! Proporrei che oltre alla definizione di partigiano venisse apposta pure una lapide per ricordare l’ estremo sacrificio, la drammatica morte del nostro eroico conterraneo. Dobbiamo difenderlo noi dal fango gettato dalla mafia sul Suo cognome e non al contrario accusarlo….è assurdo!