«L’avvocato del diavolo»: così un noto giornalista ha soprannominato Rosalba Di Gregorio, avvocato di lunga esperienza oggi autrice del libro scritto insieme con la giornalista palermitana Dina Lauricella, reporter di “Servizio Pubblico”. L’avvocatessa, fra l’altro, ha difeso e difende uomini del calibro di Provenzano e di altri del gotha di “Cosa nostra”.
di Giuseppe Ruffino
Ora che sulla ricorrenza del 19 luglio i riflettori si vanno smorzando, è bene cedere il passo all’analisi dei fatti, perché di Paolo Borsellino e di tutte le stragi di mafia è giusto parlarne anche oltre le liturgie imposte dal calendario. E questo libro (Castelvecchi Editore, 2014, pp.200) implacabile nell’analisi dei fatti, può aiutarci a riflettere e a meglio capire. Credevamo, infatti, di aver capito tutto o quasi, e invece la strada verso la Verità -se mai sarà raggiunta- è ancora lunga e tortuosa.
Ma alla fine, quando chiudi il libro, almeno un dato ti è rimasto in testa e cioè che, in realtà, non ci sono “parti sbagliate” e “parti giuste”, ma solo la tenace volontà di affermare il Diritto, cercando, quanto più possibile, la vera concatenazione dei fatti, ossia la “verità”. Questo libro è soprattutto una minuziosa analisi del ruolo svolto da determinati “pentiti” nelle stragi di mafia e, specificamente, in quella di Via D’Amelio; mette in guardia dai falsi, quelli, cioè, che, imbeccati, montano verità non vere, che “depistano”, come nel caso di Vincenzo Scarantino sull’assassinio di Paolo Borsellino e dei ragazzi della scorta. Tanto inverosimili sono le sue ricostruzioni da esser credute, determinando condanne di innocenti per 17 anni di galera. False verità accreditate da apparati dello Stato (democratico) più o meno deviati. Su tutto l’ombra delle “torture di Stato” attuate nei bracci speciali del 41 bis di quegli anni, che costituirono, drammaticamente, efficace strumento persuasivo per imboccare, anche, verità di comodo. «Rosalba Di Gregorio -scrive il dott. Domenico Gozzo nella sua “prefazione anomala”- è una persona che ha una faccia sola. Ha sempre detto ostinatamente le stesse cose sul processo di Via D’Amelio … Non è un avvocato di mafia. È un avvocato». E Peter Gomez, del “Fatto Quotidiano”: «Il giornalismo d’inchiesta si nutre di dubbi e domande. Non deve avere pregiudizi […] Per questo “Dalla parte sbagliata”, il bel libro che la straordinaria reporter di “Servizio Pubblico” Dina Lauricella ha deciso di scrivere con Rosalba Di Gregorio, storico avvocato del gotha di Cosa Nostra e oggi difensore anche di Bernardo Provenzano, è un’opera importante e destinata a far discutere …».
La storia d’Italia, della Repubblica democratica nata dalla Resistenza, è lastricata di misteri. Lo sapevamo e non dovremmo stupircene oggi dinanzi agli ultimi “depistaggi”. Le “prove tecniche” pare siano iniziate nell’immediato dopo guerra, a Portella delle Ginestre (come Casarrubea ci ha spiegato con le sue numerose ricerche), a due passi da qui, con Salvatore Giuliano e il principe Junio Valerio Borghese opportunamente utilizzati dai servizi segreti italiani e americani in combutta con politici e mafiosi del tempo. Nulla sembra esser cambiato da allora, o mi sbaglio? Mi sbaglio: è peggiorato! È peggiorato nel senso che, almeno allora, le false verità sapevano ben costruirle, tanto da reggere all’usura del tempo. L’immagine di Via D’Amelio sventrata l’abbiamo qui, davanti ai nostri occhi, ed è l’unica cosa certa; tutto il resto è la fine e l’inizio di un incubo collettivo, di un altro infame travagghiu, forse il più intricato ed oscuro; forse quello che, più di ogni altro, ci conferma la torbida strategia dei depistaggi. Nulla sembra esser cambiato da allora, o mi sbaglio? Mi sbaglio: è peggiorato! È peggiorato nel senso che, almeno allora, le false verità sapevano ben costruirle, tanto da reggere all’usura del tempo. L’immagine di Via D’Amelio sventrata l’abbiamo qui, davanti ai nostri occhi, ed è l’unica cosa certa; tutto il resto è la fine e l’inizio di un altro infame travagghiu, forse il più intricato ed oscuro; forse quello che, più di ogni altro, ci conferma il torbido intreccio strategico dei depistaggi. Scrisse una volta Pier Paolo Pasolini a proposito della strage di Piazza Fontana a Milano: «Io so chi è stato, ma non ho le prove …».
Anche noi sappiamo e, così come scrive Lucia Borsellino, potremo forse non vederla la Verità vera, ma ne pretendiamo la ricerca.
Palermo, giovedì 17 luglio. L’avvocatessa ci aspetta al settimo piano. Ovviamente usiamo l’ascensore. L’appuntamento era stato fissato nelle settimane precedenti alle 10:30. Puntuali, come da noi non s’è mai visto, entriamo nel suo studio armati di cavalletti, cineprese e amnicoli vari. Michele Mangiapane, per l’occasione regista ed operatore, mi trasmette sicurezza, e la sua presenza è la conferma che l’impegno che ci attende è fuori dall’ordinario. L’avv. Di Gregorio non la conosco personalmente, anche se di lei ho sentito parlare qualche volta e l’ho solo vista in un paio di istantanee pubblicate da qualche parte. Quanti la frequentano me la dipingono come una signora spartana, che va al sodo, che non si lascia incantare dalle apparenze. Non si sbagliano: quando ci fa accomodare risalta subito la sobria eleganza dei modi. E dire che me l’ero raffigurata “costruita” e imbellettata a dovere e invece, ora … eccola lì col suo fare e il suo parlare senza fronzoli. Questo mi rassicura, disponendomi al meglio. E mentre ascolto la sua voce un po’ arrochita dal fumo, con lo sguardo vago discretamente fra le pareti dello studio alla ricerca della foto di via D’Amelio ripresa dall’alto, devastata dalla bomba, la stessa foto di cui si accenna nel libro. Lei intuisce subito e me la indica sollevando un po’ la mano con fra le dita una sigaretta appena accesa. Ne fuma parecchie, come poi noterò e lei stessa confesserà. Esattamente come Paolo Borsellino, che lei già conosceva fin dai tempi di Marsala.